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Siamo lieti di ospitare qui una riflessione di grande respiro, anche teorico, sulla formazione sindacale da parte di chi ha operato in questo campo all’interno della Uilm e della Uil di Torino e del Piemonte. Un ex operaio della Fiat, un “intellettuale pratico”, come si diceva una volta, un “giovane” anticonformista di novantanni!

RIFLESSIONI A RUOTA LIBERA SULLA FORMAZIONE SINDACALE

di Renzo Friolotto

1. La formazione sindacale ha una sua caratteristica per cui si differenza dalla formazione scolastica e dalla formazione professionale.

eLa formazione scolastica considera, a nostro parere non proprio correttamente, l’ oggetto da formare come una pagina bianca su sui il formatore dovrebbe scrivere (trasmettere) nozioni, informazioni, conoscenze e valori.

La formazione professionale viene offerta a soggetti già formati dalla scuola o che hanno già accumulato esperienze lavorative alle quali aggiungere conoscenze tecniche, scientifiche o culturali capaci di arricchire la loro professionalità.

In ambedue le situazioni possiamo dire che si tratta di un rapporto in cui al formatore spetta un ruolo attivo mentre gli “alunni” dovrebbero soprattutto accogliere passivamente i suoi insegnamenti.

2. Anche le organizzazioni, cui spetta la tutela del lavoro, prevedono ovviamente progetti di adeguata formazione, soprattutto per rendere sempre più efficiente l’attività sindacale di chi già copre un ruolo attivo o per preparare nuovi collaboratori.

Ma in questo caso la formazione coinvolge persone che hanno già sperimentare le problematiche derivanti dal non facile rapporto tra lavoro e impresa e che, in molti casi, hanno già ottenuto significativi consensi da parte dei compagni di lavoro (RSU, RSA, Delegati, ecc.).Non si può dunque parlare di pagine bianche da riempire.

Si tratta piuttosto di una formazione da impostare come un confronto di esperienze, che non è detto siano sempre concordanti. L’elaborazione di progetti formativi deve dunque valorizzare anche l’esperienza e la cultura di chi vi partecipa e degli impulsi innovativi che ne derivano.

3. Ovviamente è quasi automatico che la struttura sindacale tenda a utilizzare la formazione soprattutto come un veicolo utile per “conservare ” e potenziare il patrimonio culturale che ha caratterizzato la sua storia precedente. “Conservare ” è una parola che potrebbe suonare male e dunque essere poco gradita.

Ma la convivenza, nei suoi aspetti economici, sociali e politici strettamente collegati con gli impetuosi sviluppi tecnologici e scientifici, è perennemente scossa da fortissimi stimoli a cambiare e innovare. Per la povertà del nostro linguaggio questi stimoli al cambiamento abitualmente li indichiamo con il termine “crisi” e, di conseguenza, ci illudiamo pensando che prima o poi la crisi sarà superata e tutto tornerà come prima..

Ma ad una analisi più attenta ci dobbiamo rendere conto che è in atto non una crisi passeggera ma una tras­formazione profonda e che dunque non è vero che tutto tornerà come prima. Curiosamente parlando di trasformazione si ritorna all’argomento dì cui si sta trattando. La formazione ad ogni livello, ma in particolare quella sindacale, dovrebbe far riferimento al processo di tras­formazione in atto.

Anzitutto è opportuno precisare subito che la trasformazione non comporta l’annullamento del patrimonio accumulato in precedenza. Ci saranno sempre valori da “conservare”.. La tras­formazione non è una rivoluzione che pretende di fare tutto nuovo distruggendo tutto il vecchio. Proprio partendo dal patrimonio accumulato la trasformazione modifica, corregge, rivaluta e aggiunge elementi nuovi.

Un programma intelligente di formazione sindacale non può dunque non percepire quello che si sta verificando in questa nostra umanità globalizzata. La vita cosciente, a differenza della vita vegetale e animale, che si evolveva moltiplicando con un meravigliosa varietà il panorama illimitato delle specie, nella fase attuale evolve in direzione opposta perché è sostanzialmente stimolata a unificare, a costruire l’ ”umanità unica” (anzi l’uomo unico) capace di collegare e valorizzare le differenze senza eliminarle. Ce lo impone chiaramente la scienza che ormai opera in rete: la tecnica ha la sua massima espressione proprio nella rete (web), ma è orientata all’unità anche tutta l’attività intellettuale e l’evolvere del pensiero.

Solo quell’economia aggressiva, che pure pretende di vantare il primato della globalizzazione, continua invece a favorire le divisioni, le guerre fredde o calde che ne derivano. Il dominio autoritario che caratterizza molte imprese dell’attuale sistema economico, che troppo spesso si caratterizza come potere finanziario, avulso dalla produzione di beni e servizi, prolifera soprattutto sulla divisione. Al contrario il vero lavoro, in tutte le sue espressioni, unisce. Si coordina con la natura per moltiplicare beni e servizi; intreccia nella formula impresa l’attività e la creatività di molti soggetti (ovviamente in ruoli diversificati); favorisce lo scambio. Pertanto una tutela efficace del lavoro non può mai prescindere da questa istanza unitaria. Alla luce di questa analisi sembra corretto impostare schemi formativi finalizzati a valorizzare la funzione unificante del lavoro in tutte le sue espressioni e in tutti i ruoli che costituiscono un’impresa. Perchè se si guarda a fondo una trasformazione corretta deve soprattutto escludere il non lavoro, la perversa pretesa di vivere sul lavoro degli altri senza parteciparvi.

In queste riflessioni non si è parlato dei contenuti tecnici ed organizzativi che, di norma, costituiscono i temi specifici dei programmi di formazione sindacale: la contrattazione, la retribuzione, la difesa dei diritti acquisiti, la sicurezza dell’ambiente di lavoro, lo sciopero, la politica dell’occupazione, il welfare, la rappresentanza sindacale, la gestione organizzativa interna del sindacato, ecc..

Per un sindacato che si proponga di valorizzare il suo patrimonio accumulato nel passato non per guardare solo indietro, ma per inserirlo senza preconcetti nel flusso evolutivo che stimola l’umanità a raggiungere nuove mete, diventa irrinunciabile un programma di formazione d’avanguardia che partendo dai singoli luoghi di lavoro sappia ampliare l’orizzonte per cogliere in tutti gli obiettivi specifici un significato più vasto che sappia vedere nel lavoro un fondamentale apporto che favorisca l’evoluzione dell ‘uomo singolo verso l’uomo unico.

Occorre cioè preparare con adeguata formazione gli operatori affinché, mentre tutelano il lavoro che possiamo considerare ufficiale, cioè in una parola il lavoro contrattato (che non è detto che sia più importante), si rendano conto che la vita li collega anche con altri tipi di lavoro: il lavoro intellettuale, il lavoro libero a sostegno della famiglia, il lavoro dei giovani per acquisire conoscenze e professionalità, il lavoro di chi partecipa alla vita sociale e politica, il lavoro creativo e artistico, il lavoro volontario.

Questo deve valere in modo particolare per un sindacato che è nato come Unione Italiana del Lavoro e che si è poi trasformato in Sindacato dei Cittadini.

8. Lo schema economico vigente per contro, essendo sostanzialmente impostato come potere di dominio di alcuni sugli altri vive, opera e si mantiene praticamente sulla divisione.

Divisione di tipo verticale nell’organizzazione dei produttori nei vari livelli Troppo spesso la necessaria diversità dei ruoli viene esplicitamente impostata appunto nella logica della divisione, talora persino della contrapposizione.

Divisione di tipo orizzontale che prevede un mercato volutamente conflittuale, regolato in fondo dalla brutale logica della “mors tua vita mea”.

La formazione sindacale non può adeguarsi a questo schema. La tutela del lavoro deve essere perseguita proprio come un’alternativa. Con un significativo gioco di radicali occorre perseguire un disegno unitario dell’umanità trasformando la divisione conflittuale vigente in dialettica sociale che fa riferimento al dialogo.

Occorre dunque analizzare quei temi tipici della formazione sindacale elencati sopra perché

diventino stimolo a modificare radicalmente lo schema vigente.

Un compito che ovviamente non può essere svolto in queste brevi riflessioni .

 

CODICILLO: Termino citando alcuni versi di una breve poesia scritta da un sindacalista.

Si intitola “In viaggio”.

Il poeta è tentato da un richiamo crepuscolare che non si sente di condividere:

Non sono lì

Ma nelle fabbriche dove si vive e lotta…

Mai come in un treno ci si sente un ‘isola.

 

Il treno ti manovra e ti isola. Meglio essere una rondine che partecipando alla vita di un grande stormo emigrante vola libera verso nuovi lidi.

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