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Meglio tardi che mai: questo potrebbe essere un commento sintetico all’ultima intervista fatta dal direttore de La Repubblica all’ex presidente Giorgio Napolitano (10 settembre 2016).

Evidentemente anche Napolitano prende atto della pericolosità e, si potrebbe dire, della scarsa “efficienza democratica” dell’Italicum, il nuovo sistema elettorale, approvato con legge dello stato e anche da noi più volte criticato e definito espressione di una “politica dell’azzardo” (vedi numeri 15-16 gennaio-febbraio 2016, numeri 21-22 luglio-agosto 2016 di questo sito).

Certamente queste nuove riflessioni sono state indotte dagli esiti delle elezioni amministrative di giugno, quando è apparso chiaro, ancora una volta, che il nostro paese non è riducibile a un bipartitismo nè perfetto nè imperfetto, quando già un sistema che favorisca il bipolarismo, con l’aggregazione cioè di più forze e tendenze politiche dentro uno stesso schieramento sarebbe già un passo avanti notevole e darebbe più spazi per una sintesi di diversi interessi ed orientamenti economici e sociali.

Non si sa se la presa di posizione di uno dei paladini delle “riforme” propugnate dall’attuale presidente del consiglio sarà sufficiente a scuotere le granitiche certezze di Renzi.

Una cosa è, però, certa: aumentano le ombre e le preoccupazioni per un sistema che può dare enormi poteri a un solo partito, anche con consensi assolutamente minoritari nel paese.

 

L’intervista a Giorgio Napolitano

Riportiamo qui di seguito gli stralci dell’intervista di Mario Calabresi a Napolitano riguardanti il nuovo sistema elettorale (il grassetto per evidenziare alcuni concetti espressi nell’intervista sono della nostra redazione).

“…Eugenio Scalfari, come molti altri, sostiene che non può votare a favore del referendum se prima non si cambia la legge elettorale.
“Pur conoscendo lo spirito costruttivo che muove Eugenio Scalfari, non ho mai creduto alla formula del “combinato disposto”, all’effetto perverso congiunto che scatterebbe tra la riforma costituzionale e l’Italicum”.

Il motivo è una somma di poteri che rischia di non avere contrappesi.
“Di contrappesi vecchi e anche nuovi ce ne sono di assai corposi. Non vedo alcun pericolo autoritario, cosa che riconoscono anche molti esponenti del No, ma a mio avviso è in tutt’altro senso che c’è da riflettere sull’Italicum.

Perché rispetto a due anni fa lo scenario politico risulta mutato in Italia come in Europa. Ci sono nuovi partiti, alcuni dei quali in forte ascesa che hanno rotto il gioco di governo tra due schieramenti, con il rischio che vada al ballottaggio previsto dall’Italicum e vinca chi al primo turno ha ricevuto una base troppo scarsa di legittimazione col voto popolare.

Si rischia di consegnare il 54% dei seggi a chi al primo turno ha preso molto meno del 40% dei voti. Ritengo che questi e altri aspetti dell’Italicum meritino di essere riconsiderati”.

Fa bene il governo ad aspettare le decisioni della Corte Costituzionale sulla nuova legge elettorale?
“Credo che il governo debba definire il suo atteggiamento indipendentemente dall’attesa del pronunciamento della Consulta. Non basta però rendere ossequio al ruolo del Parlamento dichiarando di essere disposti a tenere conto degli orientamenti che esso esprimerà. Dovrebbe essere interesse di Renzi promuovere una ricognizione tra le forze parlamentari per capire quale possa essere il terreno di incontro per apportare modifiche alla legge elettorale. C’è in questo momento una sola iniziativa sul tappeto, è di esponenti di minoranza del Pd tra i quali Speranza ed è una proposta degna di essere considerata, insieme ad eventuali altre”.

Cambiare la legge elettorale oggi non può sembrare un modo per cercare di fermare il Movimento cinquestelle?
“Non mi sono mai posto il problema di trovare un marchingegno per impedire una possibile vittoria dei Cinquestelle né di escluderli da consultazioni ed eventuali intese per modifiche alla legge elettorale”.

Se si togliesse il ballottaggio verrebbe meno quel meccanismo tanto apprezzato che permette di sapere il vincitore delle elezioni già la sera del voto, come accade per esempio in Francia.
Un meccanismo che ci dà subito la certezza di chi governerà ma che presenta non poche debolezze ai fini del governo effettivo del Paese, come ci dice quel che sta accadendo in Francia…”.

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