E’ di nuovo “festa d’aprile”:
una riflessione sull’ottantesimo anniversario della Liberazione.
di Antonio Vargiu
Non so se è un effetto degli anni che passano e del fluire della vita, che a volte, ahimè, ci sembra molto veloce, ma la riflessione sugli eventi fondativi della nostra Repubblica ci fa spostare il centro dei sentimenti e dei ragionamenti dalla “buona retorica” tesa ad esaltare le imprese eroiche dei padri a un tema oggi più concreto ed impellente, quale quello della trasmissione alle nuove generazioni dei valori fondativi del nostro vivere sociale.
La realtà che siamo chiamati a vivere oggi è molto complessa e, per tanti aspetti, confusa. Le nuove tecnologie se da una parte hanno dato alle persone una possibilità di comunicazione e di conoscenza fino a ieri impensabile, dall’altra hanno moltiplicato le mistificazioni e le negazioni delle realtà, passate e presenti. Da qui la crescita di una opinione pubblica che si allontana progressivamente dai valori e dalla partecipazione alla vita democratica fino a consentire, senza particolare scandalo, una guida di governo a un partito di chiara derivazione neofascista (sia pure in doppio petto!).
Abbiamo allora ripensato alla nostra storia personale, alle scelte e ai valori che ne sono stati alla base.
Non c’è dubbio che l’ispirazione fondante sia stata la nostra Costituzione. Per innamorarsi del suo programma basta leggere i primi suoi quattro articoli:
PRINCIPI FONDAMENTALI
Art. 1.
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione.
Art. 2.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo
sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art. 3.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale,
che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Art. 4.
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Non siamo ingenui, così come non lo erano i fondatori, che peraltro avevano ogni giorno sotto i propri occhi un paese letteralmente distrutto e tutto da ricostruire: l’impegno è quello di realizzare, sia pure con tutte le gradualità del caso, questa nuova società. Fare sì che questo ideale di democrazia non resti sulla carta, non sia solo formale, ma diventi realtà concreta.
Gli ostacoli sono stati tanti, a partire dal livello di povertà del nostro paese. Ma a creare ulteriori ostacoli c’è stato anche l’uso strumentale dei nostalgici del vecchio regime fascista.
Come dicevamo lo scorso anno, “non siamo diventati antifascisti perché abbiamo letto libri, non siamo diventati antifascisti per un semplice “moto” sentimentale.
La mia generazione ha incontrato i “neo-fascisti” nelle scuole, ai licei che ogni tanto bloccavano con la forza per reclutare “massa” per i loro cortei, nelle università quando partecipavano alle elezioni per le rappresentanze studentesche semplicemente distruggendo cartelloni e materiali di propaganda degli avversari e interrompendo riunioni di organismi collettivi quando erano in minoranza.
Non li abbiamo visti piangere per i morti delle numerose stragi che hanno rischiato di mettere in ginocchio la nostra democrazia, da piazza Fontana a Milano fino all’attentato alla stazione ferroviaria di Bologna (e oltre), non a caso definite, anche in sede giudiziaria, “stragi fasciste”.
Né possiamo scordarci del fatto che tutte le associazioni o “movimenti” dell’area “ultradestra” abbiano fatto del “tifo attivo” a favore di quelle dittature dichiaratamente fasciste che hanno ammorbato anche l’Europa nella prima metà degli anni ’70, dalla Spagna franchista alla Grecia dei colonnelli”.
A questo proposito non posso non aggiungere un episodio che mi ha coinvolto personalmente: ricordo ancora l’entusiasmo e la gioia provate quando, nel corso del comizio di S.Giovanni (Roma) per celebrare il 25 aprile, fu annunciata, praticamente in diretta, che in Portogallo la “rivoluzione dei garofani” stava spazzando via la dittatura portoghese dell’epigono di Salazar, Marcelo Gaetano (e non molti anni dopo la stessa sorte la subì la Spagna degli eredi di Franco): era il 25 aprile 1974!
Ma se siamo arrivati alla situazione di oggi, in cui il Presidente della Regione Piemonte può dire (senza vergognarsi) che gli alpini sono stati mandati in Russia nel ’43 per difendere la libertà dell’Italia, in realtà mandati (peraltro senza attrezzature adeguate) a fiancheggiare l’odio e la sete di dominio di Hitler, qualche domanda dobbiamo porcela.
La prima è la seguente: in che cosa non ha funzionato la trasmissione dei valori democratici dalle vecchie alle nuove generazioni? Non abbiamo saputo utilizzare le nuove tecnologie o, dopo i grandi entusiasmi e le contraddizioni delle lotte degli anni sessanta e settanta, ci siamo rassegnati troppo presto all’ondata di riflusso che ha coinvolto l’Italia, ma anche tutto l’occidente democratico?
Tutte domande legittime che ci interrogano personalmente. Ma non dobbiamo dimenticare l’azione dei molti governi “conservatori” (eufemismo) che si sono succeduti in questi anni, che non solo non hanno saputo realizzare gli ideali costituzionali, ma nemmeno lo hanno voluto.
Che dire del governo attuale?
Intanto è necessario combattere una battaglia culturale per smitizzare il suo preteso patriottismo e il suo continuo sventolare bandiere tricolori.
In politica estera l’unica cosa che sanno fare è quella di interpretare ed attuare, in maniera del tutto subordinata, quelli che sono i desideri dei presidenti americani pro tempore, tanto più quelli dell’attuale presidente Trump con le sue politiche di estrema destra (definite disumane da papa Francesco). Questo ovviamente anche a scapito degli interessi complessivi del nostro paese.
A questo proposito attendiamo ancora smentite sul fatto che, nel suo incontro con Trump, Giorgia Meloni abbia dato la sua disponibilità: 1) ad acquistare armamenti americani; 2) ad acquistare il più costoso gas americano; 3) a non tassare in maniera significativa i profitti delle grandi company tecnologiche americane (a differenza di quanto sosteneva, con grande vivacità, quando era all’opposizione).
In politica interna il “vivacchiare” tra misure che a volta premiano alcune categorie, a volta altre, magari attraverso “favori fiscali” agli evasori (la Lega è il loro campione!), maschera una scelta di fondo, quella di governare la modernità e la sua complessità con scelte a vantaggio dei due terzi più benestanti del nostro paese, lasciando gli altri sempre più indietro.
Che fare, dunque?
Come forza sociale, come sindacalisti confederali, dobbiamo mettere in evidenza le contraddizioni economiche e sociali di questo governo, essere dalla parte degli ultimi, che come stiamo denunciando in questo periodo non sono solo gli esclusi o gli espulsi dal lavoro, ma anche lavoratrici e lavoratori precari, part time con poche ore lavorate e con calendari “ultra flessibili”, tutte persone che troppo spesso commettono l’errore di non andare a votare e di non far pesare anche politicamente il loro disagio e la loro protesta.
Ci lasciamo con un ultimo “pensiero/programma” essenziale per un sindacalista, anche qui ricavato direttamente dalla nostra Costituzione:
“Art. 36.
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa…”.
Infine, per l’anniversario della liberazione del nostro paese dal nazifascismo, potete trovare, qui di seguito, una mia poesia giovanile dedicata ai caduti delle Fosse ardeatine.
Per una nuova Italia
(ai caduti delle Fosse Ardeatine)
In trecentotrentacinque sono morti,
vittime della rabbia nazista.
Ma torneranno primavere
con le spighe più gonfie di grano,
con i papaveri più accesi di rosso.
Erano la dignità del popolo,
i loro nomi non saranno cancellati.
Non diteci che dobbiamo dimenticare
i crimini atroci di guerra.
Il loro sacrificio
è stato un pane spezzato per tutti.
E insieme sono andati alla morte.
Ma noi da vivi, da vivi,
andremo avanti tenendoci per mano,
senza odio, per una nuova Italia:
noi, per essere popolo ancora.