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Quella che poteva sembrare solo retorica o ultimo residuo di un ideale oramai tramontato, simboleggiato dalle note dell’Internazionale, torna oggi ad acquisire una sua nuova e concreta forza.

Il perché è sotto i nostri occhi.

1) la crisi finanziaria mondiale, che ha colpito soprattutto le economie occidentali: iniziata nel 2007/2008 per lo scoppio della “bolla dei prestiti subprime”, si è rivelata come una specie di “catena di sant’antonio”, che continua a penalizzare le economie e le organizzazioni statuali più deboli;

2) focolai e cause di guerra erano presenti anche prima, ma la crisi economica e finanziaria, insieme con uno sfruttamento dissennato della nostra risorsa limitata, “la Terra”, ha provocato lo sconvolgimento di aree sempre più ampie del pianeta; in questa situazione qualcuno ha anche pensato di usare il fattore religioso come strumento di potere, scatenando cosiddette “guerre di civiltà”;
dittature, teocratiche o meno che siano, stanno sconvolgendo interi paesi e siamo costretti ad assistere a veri e propri “esodi biblici”, come sta avvenendo nel nostro Mediterraneo;

3) la crisi economica sta aumentando le disuguaglianze e i dislivelli tra Stati, anche dentro quella che dovrebbe essere una Comunità, come quella Europea;

4) ma anche all’interno dei singoli paesi, le disuguaglianze stanno aumentando, nonostante le “prediche”, purtroppo vane, di molti economisti che mettono in evidenza come questo fattore finisca per allungare i tempi di uscita dalla crisi e della ripresa; l’Italia ne è un esempio eloquente, ma nessuno ha il coraggio di far applicare fino in fondo la norma della nostra Costituzione che dice “Tutti sono tenuti a concorrere alla spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività” (art.53);

E’ ovvio che per affrontare temi così complessi non ci sono ricette magiche nè sono utili le “chiacchiere da bar”. Le risposte devono saper affrontare le gravi emergenze sociali, dentro e fuori il nostro paese. Per far questo dobbiamo coniugare solidarietà e razionalità, perché i mezzi che abbiamo a disposizione per affrontare i problemi sono sempre limitati rispetto alle esigenze.

Dobbiamo educare le nuove generazioni ad andare oltre momentanei stati d’animo. Dobbiamo costruire le nostre posizioni fondandole su ragionamenti che abbiano forza di convinzione anche oltre il movimento dei lavoratori che noi rappresentiamo, cioè i lavoratori dipendenti. Questa oggi è una condizione essenziale per vincere le nostre battaglie.

Il 1° Maggio è il giorno della festa internazionale del lavoro, ma anche – in tanti paesi anche non lontano da noi- di lotta per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori, a partire da quelli più elementari di organizzarsi in sindacato per la propria tutela.

La prima riflessione è proprio sulla necessaria presa di coscienza che non è possibile, parafrasando una celebre frase, “tutelare i lavoratori in un solo paese”.

Come il capitale si è sempre organizzato su scala mondiale, innescando -nel bene e nel male- processi di globalizzazione sempre più ampi e coinvolgenti, così i lavoratori non possono che puntare a rivendicare -sulla stessa scala- i propri diritti di espressione sociale e democratica.

Una prima delusione, il venir meno della spinta socialdemocratica e l’assenza di proposte riformiste per affrontare le gravi sfide dell’oggi, a partire dall’Europa:

a) parliamo dell’Europa non solo perchè viviamo in questo continente e siamo chiamati a partecipare al più avanzato processo di integrazione interstatuale in corso nel mondo intero,

ma anche perchè viviamo in un contesto istituzionale, quello europeo, scosso in questo momento da una crisi finanziaria ed economica “venuta da lontano” (leggi Stati Uniti) e da una crisi sociale aggravata da un flusso immigratorio, che sembra, a tratti, inarrestabile;

b) di fronte a questa crisi la socialdemocrazia, che nel passato è riuscita nel non facile compito di trasformare il capitalismo selvaggio ottocentesco, mediando tra profitto ed esigenze di tutele salariali e di diritti dei lavoratori, oggi mostra di non avere più “idee forti” da spendere, non più ideali in grado di coinvolgere e di mobilitare non solo i lavoratori, ma anche l'”opinione pubblica”, non più capace, cioè, di costruire alleanze;

c) un esempio di quanto affermato è costituito dalla “crisi degli immigrati”; a questo proposito diciamo:

* fino a che l’ingresso in Europa sarà simile ad un fiume che rompe gli argini e l’opinione pubblica avrà la sensazione che il fenomeno sia inarrestabile, prevarrà la paura e l’estremismo di destra avrà buon gioco a farsi sostenitore delle misure più inefficienti e più inumane, conquistando spazi fino a ieri impensabili (ultimo esempio le elezioni presidenziali in Austria);

*regolarne l’entrata e sollecitare – là dove possibile- un intervento dei paesi di origine, facendosi carico di misure di aiuto per sviluppare e combattere le disastrose condizioni economiche e sociali di quei paesi, con proposte che anche il governo Renzi sta facendo a livello europeo, è la strada da intraprendere;

*solo così potranno essere accettate misure volte non solo ad accogliere, ma anche ad integrare i nuovi immigrati; questa non è un’utopia, in passato ci siamo riusciti, come nel caso della “crisi albanese”;

d) la crisi degli immigrati in Europa mette, in ogni caso, sempre più a rischio diritti universali, quali quello ad una remunerazione decente del proprio lavoro, alla salute, ad una vecchiaia minimamente tutelata:

*non è più il tempo di una gestione della routine, di un “buon governo” del giorno per giorno;

* è necessario un ripensamento globale delle risorse pubbliche a nostra disposizione, dei programmi e anche dei sacrifici da fare (a partire da quelli che hanno di più), prima che il nostro welfare ci venga, a poco a poco sottratto, senza che ce accorgiamo.

Di questo vogliamo parlare e discutere con tutti. “Notte del sindacato”? Ma prima dobbiamo discutere di questi temi essenziali, prima che la notte scenda sulla nostra repubblica!

Viva il 1° Maggio!

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