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E’ di nuovo estate, tempo di ferie, si sta in compagnia, si dorme poco (anche per l’anomalo innalzamento delle temperature, anche di notte), ci si allontana dalle grandi città, si va in zone meno inquinate da un’eccessiva illuminazione.
Situazione che invita tutti ad alzare gli occhi al cielo per ammirare lo splendore delle stelle.

Riteniamo che non ci possa essere accompagnamento migliore, per riflettere sul rapporto tra noi e l’infinito, che le composizioni dedicate a questo tema da non pochi poeti.

Vi riproponiamo quindi una piccola raccolta di queste poesie, in parte già pubblicate negli anni scorsi sul sito.

Leggetele lentamente: vi apriranno nuovi orizzonti.

 

Giuseppe Grattacaso (1)

La luce dei bicchieri e delle stelle

Quello che più mi ha colpito è il senso della luce, che anima le cose grandi e lontane (le stelle), ma dà vita anche alle umili cose che usiamo tutti i giorni (i bicchieri, le posate, le sedie ecc.): un punto di vista molto originale e con un suo fascino.

La vita dei bicchieri e delle stelle,

tutta gentile e tutta risplendente

brillante di gas elio o detergente,

è quello che noi siamo e non sappiamo,

bagliore nello spazio quotidiano,

l’immediato presente e il più lontano,

è l’esistenza senza alcun confine

nell’universo, il gesto luminoso

della mano, il raggio che ci sfiora

e che si apparta, il cielo che rivela

la nostra carne terrena e siderale,

lo scompiglio del fiato universale.

… 

 Beati si addormentano i cucchiai

ripensando alle bocche, ai caldi abbracci

timidi e sorseggianti, orizzontali

percorsi per le labbra prominenti,

la franchezza dei denti, giovinezza

del gesto d’equilibrio della mano,

il lento approccio verso il fiato umano,

la molle cerimonia della lingua

che attende abbandonata e consenziente.

Si distendono col capo reclinato,

rigidi e curvilinei, conservati

nell’ombra dei cassetti, tra i colleghi,

le forchette i coltelli, addormentati.

 

 Lasciate il vino dentro il mio bicchiere,

così parlo di stelle e di comete,

scrivo d’amore, insomma le parole

sembrano scintillanti universali,

si trovano da sole, sanno loro

la strada da percorrere. Se invece

resto per troppo tempo a bocca asciutta

o bevo acqua coi sali minerali,

il the freddo magari, l’aranciata,

mi sento sano, guadagno in giovinezza,

ma perdo in ampiezza di vedute,

manovro in ristrettezza, non so altro

che offrirmi a malinconiche paludi,

dire frasi contorte e penitenti,

gentili balbettii di circostanza.

Se scelgo l’acqua fresca o la spremuta,

sto certo meglio, ma faccio scena muta.

Ernesto Cardenal (2)

Canto cosmico

In principio non v’era nulla

né spazio

né tempo.

L’universo intero concentrato

nello spazio del nucleo di un atomo,

e prima ancora meno, molto meno di un protone,

E anche meno ancora, un infinitamente denso punto matematico.

E fu il Big Bang.

La Grande Esplosione.

L’universo sottomesso a relazioni d’incertezza,

il suo raggio di curvatura indeterminato,

la sua geometria imprecisa

con il principio di incertezza della Meccanica Quantistica (…)

(…) E tirò fuori il suo pensiero nello spazio…

Non esisteva nulla, né esisteva il nulla.

Fra giorno e notte non v’era limite.

Poi, ancora qualche verso più in là:

La moltiplicazione della vita per divisione

e all’improvviso il contrario: l’unione. Non sappiamo

quando né come, in che microscopico, quasi invisibile

paradiso

si unirono due cellule qualunque

tra migliaia di milioni d’altre.

La rivoluzione più grande successa sulla terra.

Tremilacinquecento milioni d’anni fa

già c’erano cellule che avevano conosciuto la sessualità.

Nascevano, crescevano e morivano le stelle.
E la galassia andava acquistando forma di fiore
come oggi la vediamo nella notte stellata.
La nostra carne e le nostre ossa vengono da altre stelle
e anche forse da altre galassie,
siamo universali,
e dopo la morte contribuiremo a formare altre stelle
e altre galassie.
Di stelle siamo fatti e alle stelle torneremo.

Treno più acuto man mano che si avvicina.
E gli oggetti celesti più azzurri nell’avvicinarsi
e più rossi nell’allontanarsi.
Perché è nera la notte…
È nera a causa dell’espansione dell’universo.
Altrimenti tutto il cielo brillerebbe come il sole.
E non ci sarebbe nessuno per vedere quella notte.
E le galassie verso dove muovono?
In espansione come il fumo che il vento disperde.
La seconda legge della termodinamica:
Questo costante fluire della luce verso le tenebre.
Dell’amore verso l’oblio.
Lui aveva 20 anni, lei 15 o circa 16.
Illuminazione nelle strade e nel cielo. Il cielo
quello di Granada.
Fu l’ultimo addio,
e fu allora che lui declamò Neruda per lei:
«… i versi più tristi questa notte».
«La notte è stellata
e tremano azzurri gli astri in lontananza».
Due esseri si separarono per sempre.
Non ci fu nessun testimone di quell’addio.
Le due direzioni sempre più divaricate
come stelle che si muovono verso il rosso.
Ho pensato a te, di nuovo, perché la notte è stellata
e vedo tremare gli astri lassù in quella luce azzurra.

Carlo Bramanti (3)

Stelle cadenti

Stelle cadenti
raccolte
in una botte di vino a metà
bevute
dal desiderio espresso
di prati sconfinati
dove cielo è tramonto
e io ti bacio
mio sogno dalle labbra più morbide
e rosse
da mordere quando mi chiedi
se sono felice.

Juan Ramon Jimenez (4)

Tu non dormi, io non dormo

Tu non dormi.
No. Io non dormo.
Stiamo parlando sotto le stelle.
Siamo qui, due rose meditabonde
nella pace della terra.

Antonio Vargiu

Eppure la vita (Madre Terra)

M’ha sempre molto incuriosito

che dalla prima, immane esplosione,

da milioni di galassie scagliate nel vuoto

in una corsa che mai sembra aver fine,

da soli che nascono e che muoiono,

in un angolo remoto,

in un piccolo sistema,

quasi d’incanto sia apparsa

una perla verde azzurra: la Terra.

 

Che mirabile frutto del caso:

ora arroventata dal sole,

ora circondata di ghiacci,

ora plasmata

dai fuochi di mille vulcani,

eppure la vita.

 

Forse a volte, Giacomo,

è anche natura matrigna;

ancora di più:

il tuo grido è anche la nostra domanda.

 

«Magnifiche sorti e progressive»?

Dove, tra tagliatori di teste

e uccisioni di bambini?

 

Ma la tua ginestra, Giacomo,

non ci unisce forse

in una laica fede

nella vita che non muore?

 

Lo stesso tuo cielo ancora contempliamo,

lo stesso fiume scintillante,

la stessa luna ancora ci guarda.

 

Eppure, in tutto questo mistero,

in in questo ribollire di galassie,

in questa notte che ora è così dolce,

quello di più bello che ancora persiste

è l’uomo che conta le stelle.

 

  1. Giuseppe Grattacaso è nato nel 1957 a Salerno, vive in Toscana. Ha pubblicato libri di poesia dal 1991. Alcune sue opere sono state scritte in francese.   
  2. Questo grande poeta, oltre che rivoluzionario nicaraguense, ha trovato molto spazio sul nostro sito, sia per la bellezza delle sue composizioni che per la creazione e diffusione dei “laboratori di poesia”, che hanno dato voce poetica anche a chi non sapeva di averla, a partire da chi era colpito da gravi forme di malattia, bambini o anziani che fossero. In particolare si può andare a consultare il 2017 e il 2020 di questa nostra pubblicazione.
  3. Carlo Bramanti, siciliano d.o.c., è nato ad Augusta, in provincia di Siracusa. Nel 2011 è tra i vincitori del premio letterario haiku indetto da Empiria.
  4. Juan Ramón Jiménez Mantecón (Moguer, 24 dicembre 1881 – San Juan, 29 maggio 1958) è stato un grande poeta spagnolo, premio Nobel per la letteratura nel 1956.

 

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