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di Antonio Vargiu

 I nostri più assidui lettori sanno che è consuetudine del sito accompagnare con citazioni di poesie “classiche” e con nuovi versi (in autunno vino novello!) i cambiamenti di ritmo della natura in cui, nonostante tutto il nostro cemento, siamo ancora immersi.

Si tratta di poesie, di scrittori antichi e moderni, da non definire banalmente “stagionali”, ma che, invece, offrono lo spunto per riflessioni sul significato profondo della nostra vita.

Quest’anno tuttavia, caratterizzato dal triste segno della pandemia, sta passando come se un velo fosse sceso su tutto il mondo e rischiamo, purtroppo, di vivere anche l’autunno come una banale ripetizione di giorni: la noia come antidoto alla paura.

Ci dicono di distanziarci non solo fisicamente, ma “socialmente”. Questo lo possiamo fare per un breve periodo, ma alla lunga no! Siamo uomini, che qualcuno, centinaia di anni fa, ha definito come “animale sociale”.

Dobbiamo riprenderci la nostra vita, certamente rispettando tutte le precauzioni e gli accorgimenti, che sono obbligatori non solo per noi, ma soprattutto per salvaguardare le persone più deboli e fragili.

Ma questo non ci deve impedire di vivere una nostra vita sociale, utilizzando anche i nuovi strumenti tecnologici messi a nostra disposizione.

Spalanchiamo però le nostre finestre, torniamo a passeggiare (alle dovute distanze) nei nostri viali, torniamo a sentire sotto i nostri piedi il soffice, colorato tappeto delle foglie autunnali, torniamo a rivedere il cielo.

Non rinchiudiamoci, torniamo a ironizzare su noi stessi, citando le famose banalità “Non ci sono più le mezze stagioni” o “non ci sono più le stagioni di una volta”.

In effetti l’autunno continua ad essere sempre più un mix di tempeste di vento, di “bombe d’acqua” e di improvvisi ritorni al sereno.

Sicuramente questi bruschi sbalzi climatici continuano a smentire i “negazionisti” del riscaldamento globale. Qualcuno continuerà a barare allo scopo di non impegnarsi a prendere misure capaci di attenuare queste “anomalie”. Fortunatamente tra questi sembra proprio che non ci sarà più Trump!

Noi però vogliamo mantenere il nostro ottimismo e, proprio perchè i “giorni d’oro” rischiano di rarefarsi, invitiamo tutti a non farsi sfuggire le bellezze della natura che ci circonda. Nonostante tutto, tornano a splendere bellissimi giorni, diversi nelle diverse stagioni, che continueranno ad ispirare importanti versi e profonde considerazioni  sulla vita.

Sull’autunno e sulle feste e ricorrenze che scandiscono questo periodo vi ripropongo alcune mie poesie (1).

 

Ottobrata romana

Sono così insistenti questi giorni,

nella loro ripetizione,

che le mattine assolate di ottobre

sui vetri delle mie finestre

le potrei ricalcare.

 

Foglie piene di rughe

intrecciano tappeti.

Di indifferenza così malati

o rinchiusi nella giostra quotidiana,

da non vedere

l’oro e l’azzurro,

che, con tintinnio di luce,

spiazzano il nostro cuore?

 

 

Novembre

È così leggera la terra a novembre

questo autunno che occhieggia d’azzurro,

tra gli alberi adesso così spogli,

che le voci di nuovo puoi sentire

di chi ormai ci ha lasciato.

Tornano e la voce è così chiara

come il respiro del vento sopra il lago.

 

 

Notturno (alla Chagall)

E’ così triste la tromba questa sera,

malinconico il sassofono,

pieno di gioia il ritmo dei bottari (2).

Tristezza, malinconia, gioia:

tutto trabocca.

Nella quiete dei palazzi notturni

un caldo vento autunnale

sparge polline di sogni.

 

Infine terminiamo questa rapida rassegna con la poesia che ha ispirato la copertina del mio ultimo libro, Eppure la vita.

 

 

 

Un altro pranzo, qui nell’osteria

Un altro pranzo, qui nell’osteria,

un certo clima, un’aria famigliare,

un altro giorno che l’autunno inghirlanda.

 

Questi riflessi d’oro – lo senti sulla pelle –

ancora tanto promettono; così

una sottile gioia ci pervade

di sentirci parte di una qualche festa,

anche se ignota.

 

 

 

  1. Sono tutte tratte da Eppure la vita, Phasar Edizioni, 2016
  2. Un chiaro riferimento a Enzo Avitabile, definito giustamente “virtuoso musicista del mondo”, e ai “Bottari di Portico”, originali interpreti di una tradizione che risale al XIII secolo.

 

 

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